L’epidemia Covid-19 e l’applicazione dei principi di “impossibilità sopravvenuta” e di “eccessiva onerosità” della prestazione
Obiettivo del presente lavoro è delineare da un punto di vista teorico-normativo e con un taglio pratico i principali aspetti relativi all’applicazione dei principi di “forza maggiore” e di “eccessiva onerosità” alla luce dell’epidemia globale Covid-19.
I due istituti in esame sono tra loro ben distinti in quanto possono essere “azionati” a seconda dell’entità dell’evento verificatosi e dell’incidenza dello stesso sull’esecuzione della prestazione.
Un altro aspetto che differenzia la “forza maggiore” dall’“eccessiva onerosità” è dato dal fatto che, mentre la prima non trova espressa definizione ai sensi della normativa italiana, la seconda è prevista e disciplinata dall’articolo 1467 del Codice Civile.
A. La “Forza Maggiore”
La definizione di “forza maggiore” è contenuta in convenzioni internazionali che disciplinano gli scambi commerciali tra imprese. Nel nostro ordinamento il concetto di forza maggiore, pur non espressamente previsto, è comunque ricavabile dal principio di impossibilità della prestazione per ragioni di forza maggiore è ricavabile da quelle norme che prevedono che la responsabilità del debitore sia esclusa nel caso in cui l’inadempimento non sia a lui imputabile.
Pur non fornendo una precisa definizione di forza maggiore, l’ordinamento italiano individua nell’impossibilità sopravvenuta, un’esimente della responsabilità derivante dall’inadempimento contrattuale (1).
Ai sensi dell’articolo 1256 del Codice Civile, infatti, l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa definitivamente “impossibile” o quantomeno e comunque se perdura per un tempo sufficiente a rendere la controparte non più interessata a riceverla; se tale impossibilità è solo temporanea, l’obbligazione rimane in essere e, il debitore, nelle more della stessa, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Inoltre l’articolo 1218 del Codice Civile prevede che il debitore che non esegue correttamente la prestazione non è responsabile se l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
La liberazione da responsabilità del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione, dunque, può verificarsi solo se ed in quanto concorrano l’elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima, in sé considerata, e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione.
Pur non facendo espresso riferimento ad un “evento di forza maggiore”, dunque, la normativa interna disciplina il caso in cui un soggetto non possa essere ritenuto responsabile dell’inadempimento, laddove tale inadempimento sia dovuto ad un fatto obiettivamente imprevedibile ed indipendente dalla propria volontà, tale da rendere impossibile l’esecuzione della prestazione.
La clausola di forza maggiore così ricavabile dalle norme dell’ordinamento italiano, è invece espressamente contemplata da accordi internazionali quali la Convenzione di Vienna del 1980 ed i Princìpi Unidroit dei contratti commerciali internazionali. Ai sensi di tali fonti, il soggetto inadempiente non può essere considerato responsabile qualora:
- l’accadimento è estraneo alla sfera di controllo della parte obbligata;
- l’evento al momento della firma del contratto era imprevedibile;
- il fatto impedente e i suoi esiti sono insormontabili.
Dopo aver illustrato la normativa di riferimento proviamo a darne un’interpretazione pratica e verificare come la stessa sia applicabile ai rapporti in corso laddove la relativa prestazione sia impattata dal Covid-19 e/o dalle conseguenti disposizioni governative che stanno limitando e/o vietando determinate attività.
Sia il Covid-19 che i provvedimenti dell’autorità integrano gli estremi della causa di forza maggiore, tanto che siano stati espressamente qualificati come tali che non. Si tratta, difatti, di eventi imprevedibili e indipendenti dalla volontà delle parti.
Per prima cosa occorre verificare se il Covid-19 possa considerarsi una c.d. causa di forza maggiore.
Laddove i rapporti contrattuali definiscano pattiziamente una serie di accadimenti al verificarsi dei quali può essere applicata la causa di forza maggiore e tra tali accadimenti sia indicata un’epidemia o una pandemia non vi sono dubbi circa il fatto che il Covid-19 vi sia ricompreso. In tal senso si consideri che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato “Public Health Emergency of International Concern (PHEIC)” (i.e. “epidemia”) ed è altamente probabile che qualsiasi tribunale del mondo ritenga l’OMS un organo qualificato a poter stabilire se una situazione sanitaria configuri un’“epidemia”(2).
Stessa conclusione deve trarsi laddove i contratti facciano riferimento a “qualunque altra causa al di fuori del nostro controllo”. In tale formula ampia, difatti, può essere fatto rientrare il Covid-19.
Tuttavia anche laddove il rapporto contrattuale non preveda nulla a tal proposito così come nel caso di rapporti non regolati da pattuizioni scritte, si può affermare che possa legittimamente ritenersi che il Covid-19 costituisca una causa di forza maggiore sulla base del disposto dell’articolo 1256 del Codice Civile ed in considerazione della giurisprudenza italiana maggioritaria che definisce la forza maggiore come “un evento esterno imprevedibile, inevitabile e non imputabile al debitore che consiste in una forza a cui non è possibile opporsi, i cui effetti non possono essere rimossi e che impedisce la eseguibilità tecnica della prestazione”, tra cui rientrano gli eventi naturali e gli atti della Pubblica Amministrazione”. Tutti gli elementi che secondo la giurisprudenza sono caratterizzanti la forza maggiore sono ravvisabili nel Covid-19.
Allo stesso modo possono ritenersi cause di forza maggiore i provvedimenti adottati dal Governo o dalla Pubblica Amministrazione che, direttamente o indirettamente, limitano o vietano una serie di attività. In tale circostanza si ricade nel c.d. factum principis ovvero in un fatto dell’uomo impeditivo dell’esecuzione di determinate prestazioni. Anche questo è qualificabile come una causa di forza maggiore.
La clausola di forza maggiore per essere invocata richiede, altresì, l’obiettiva irrealizzabilità della prestazione. L’irrealizzabilità deve essere assoluta, ovvero non superabile con ragionevoli sforzi, ed oggettiva ovvero non dipendere dal debitore. L’impossibilità può essere sia materiale (ad esempio l’impossibilità di muoversi per il debitore che debba realizzare una determinata prestazione) che giuridica (ad esempio l’oggetto della prestazione è stata vietata dall’autorità).
L’anti-economicità o la maggiore onerosità della prestazione non costituisce causa di forza maggiore.
Chi invoca la clausola di forza maggiore deve provare l’evento lamentato ed avvisare il creditore.
Se il Covid-19 ed i conseguenti provvedimenti possono ritenersi cause di forza maggiore occorre considerare che l’operatività della relativa clausola richiede la prova che l’evento ha determinato l’impossibilità, fisica o giuridica, di adempiere alla prestazione prevista contrattualmente. La prestazione deve essere diventata materialmente o giuridicamente impossibile da realizzare, con la conseguenza che non è sufficiente la mera anti-economicità o l’aggravata onerosità della stessa nel qual caso, come si vedrà, ci si si potrebbe avvalere, in presenza dei relativi presupposti, del rimedio dell’eccesiva onerosità sopravvenuta. In tal contesto sono, altresì, irrilevanti la c.d. impotenza economica o la difficoltà finanziaria che, riguardando una condizione soggettiva dell’obbligato e non la prestazione in sé che rimane astrattamente possibile, non determinano l’impossibilità oggettiva del pagamento.
Da un punto di vista pratico il soggetto che intende appellarsi alla causa di forza maggiore ha l’onere di (I) provare l’evento lamentato, (II) notificare alla controparte l’evento che impedisce di rispettare il contratto e l’intenzione di avvalersi di tale clausola, (III) fornire tutte le informazioni sull’andamento della situazione e, eventualmente, (IV) notificare la volontà di risolvere il contratto.
L’impossibilità della prestazione per causa di forza maggiore produce, quali effetti normativamente regolati, (i) la risoluzione del rapporto nel caso in cui l’impossibilità non sia temporanea e sia destinata a durare per un periodo di tempo tale da rendere irragionevole pretenderla dal debitore o da non essere più di interesse per il creditore; o (ii) la sospensione dell’obbligo da parte del debitore nel caso in cui l’impossibilità sia temporanea.
I principi di correttezza e buona fede debbono essere tenuti in considerazione nella gestione della situazione di forza maggior. In tal senso è opportuno considerare che il rifiuto dell’offerta fatta del creditore a rinegoziare il contratto a condizioni eque potrebbe essere interpretato come una illegittima volontà di sciogliere il rapporto da parte del debitore.
Di seguito le conseguenze del verificarsi di un evento di “forza maggiore” e la conseguente gestione dei rapporti contrattuali.
Sempre tenendo conto che sarà necessario valutare caso per caso quanto nello specifico previsto dal contratto, in presenza di una causa di forza maggiore (accertata), le alternative potranno essere:
a) la risoluzione;
b) la sospensione
c) la rinegoziazione.
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(a) La risoluzione
Nei contratti nazionali ed internazionali, molto spesso di durata, non è generalmente previsto che la causa di forza maggiore faccia cessare automaticamente la relazione contrattuale.
La risoluzione del contratto è tuttavia inevitabile se la prestazione della controparte risulti definitivamente impossibile o non più eseguibile. La risoluzione è, altresì, uno dei rimedi previsti espressamente dalla legge.
La liquidazione conseguente alla risoluzione del contratto – per (valida) causa di forza maggiore -, seguirà i criteri previsti dal contratto e dalla legge applicabile, tenendo conto che non potranno essere risarcibili i danni per inadempimento, incluse le penali. Ciò, in linea di massima, a condizione che la parte non fosse già inadempiente per altri motivi e non abbia tardato ingiustificatamente a comunicare all’altra l’impedimento di forza maggiore.
Quanto ai profili restitutori, il diritto italiano prevede che la parte impossibilitata totalmente da causa di forza maggiore non possa richiedere la controprestazione all’altra e debba restituire quanto ricevuto. Se l’impossibilità ha riguardato solo una parte della prestazione, la controparte avrà diritto ad una corrispondente riduzione (articoli 1463 e 1464 del Codice Civile). Tali criteri restitutori si ritrovano spesso nei contratti internazionali. Ad esempio, la clausola modello di Forza maggiore dell’ICC (2003), prevede che la parte che abbia tratto un beneficio dal contratto parzialmente eseguito, debba comunque compensare l’altra in misura equivalente al beneficio ricevuto.
(b) La sospensione
Nei contratti internazionali di fornitura e distribuzione, dove maggiore è l’interesse a conservare la relazione, è spesso previsto il rimedio della sospensione ed è indicata la durata della sospensione per un tempo breve, variabile da alcune settimane a qualche mese. La sospensione è, altresì, il rimedio espressamente previsto dalla legge in caso di temporanea impossibilità della prestazione a condizione che la stessa sia compatibile con la natura della prestazione da realizzare e che continui a sussistere un interesse in capo al creditore a riceverla.
Quanto alle spese nel periodo di sospensione, in mancanza di specifica pattuizione, si ritiene che ciascun contraente sopporti le proprie spese, non potendole addebitare alla parte che abbia legittimamente invocato la causa di forza maggiore.
Naturalmente, la sospensione non può prolungarsi indefinitamente e, in molti contratti, si stabilisce che, decorso un certo termine, il contratto debba essere risolto o rinegoziato.
Analogamente ad altri ordinamenti, se l’impossibilità temporanea si protrae, la legge italiana consente di risolvere il contratto al creditore che non abbia più interesse alla prestazione dell’altra parte o, comunque, qualora non abbia più un apprezzabile interesse ad una prestazione solo parziale (articolo 1256, 2° comma e articolo 1464 Codice Civile).
(c) La rinegoziazione
Nel silenzio del contratto e, comunque, in una situazione di incertezza tanto sulla durata, quanto sulla portata dell’impedimento, la rinegoziazione con la controparte costituirà ragionevolmente la strada preferibile, sebbene non espressamente prevista dall’ordinamento.
La rinegoziazione potrà, nei casi più semplici, essere:
- un accordo scritto sui termini di sospensione; e/o
- una mera riprogrammazione condivisa delle date di consegna, ovvero
- un allungamento concordato della durata del contratto per un tempo pari al periodo di sospensione, mentre,
- nei casi più complessi, si tratterà di riequilibrare le prestazioni delle parti, adeguandole alla mutata situazione.
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Alla luce di quanto sopra, un esempio di “nuova” clausola di forza maggiore, sempre tenendo a mente che sarà necessario valutare ogni caso nello specifico, potrebbe essere (in caso di applicazione al contratto della legge italiana), la seguente:
“Nessuna delle parti sarà responsabile del proprio inadempimento in relazione alle obbligazioni qui previste qualora sia in grado di provare che: (i) l’inadempimento è stato provocato da un evento al di fuori del suo controllo; (ii) non era ragionevole aspettarsi che essa, al momento della sottoscrizione del presente Accordo, tenesse in considerazione la possibilità del verificarsi di tale evento e dei suoi effetti sulla sua capacità di adempiere; e (iii) non era ragionevolmente possibile evitare o porre rimedio a detto evento o quantomeno ai suoi effetti.
Per gli effetti del presente articolo, e senza che l’elencazione qui di seguito debba considerarsi esaustiva, è espressamente convenuto tra le parti che si intendono “Eventi di Forza Maggiore” i seguenti eventi: calamità naturali, incendi, inondazioni, guerre (dichiarate o non dichiarate), insurrezioni civili, sommosse, embarghi, sabotaggi, incidenti, vertenze sindacali, scioperi, malattie diffuse e/o epidemie e/o pandemie, provvedimenti di qualsiasi autorità pubblica o governativa, locale, nazionale o internazionale, ivi incluse leggi, ordinanze, norme e regolamenti, nonché qualunque altra causa al di fuori del controllo delle parti.
Qualora si verifichi un Evento di Forza Maggiore, la Parte che ne subisca le conseguenze (la “Parte Inadempiente”) informerà l’altra Parte del verificarsi di tale evento e dei suoi effetti sulla sua possibilità di dar corso alle pattuizioni contrattuali. In tal caso, le parti si incontreranno per adottare in buona fede le azioni necessarie per annullare o ridurre gli effetti di tale evento. Per l’intero periodo in cui l’Evento di Forza Maggiore, o i suoi effetti, permangano, la Parte Inadempiente non sarà considerata responsabile per la sua incapacità di eseguire le proprie obbligazioni, la cui esecuzione è impedita dall’Evento di Forza Maggiore, fermo restando che dette obbligazioni verranno adempiute non appena possibile dopo il venire meno dell’Evento di Forza Maggiore. Durante il permanere dell’Evento di Forza Maggiore, la Parte adempiente potrà astenersi dall’eseguire alcune delle obbligazioni qui previste, se ed in quanto dette obbligazioni siano correlate con le obbligazioni Parte Inadempiente, la cui esecuzione è impedita dal verificarsi di un Evento di Forza Maggiore. A prescindere da quanto sopra statuito, qualora l’Evento di Forza Maggiore continui per un periodo superiore a [•] mesi, la Parte adempiente/ciascuna delle Parti avrà la facoltà, a propria discrezione, di risolvere il presente Accordo senza ulteriori responsabilità per alcuna delle Parti”.
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B. L’ “Eccessiva Onerosità” della Prestazione
L’eccessiva onerosità sopravvenuta è un rimedio espressamente previsto dal nostro ordinamento. Si applica sempre sul presupposto dell’esistenza di una causa di forza maggiore laddove questa, però, non renda impossibile la prestazione, bensì ne determini una maggiore onerosità che supera quella normalmente accettabile nell’alea contrattuale e che alteri sostanzialmente le condizioni pattuite
Un altro istituto potenzialmente azionabile in caso di eventi straordinari è quello dell’eccessiva onerosità sopravvenuta che, come detto, è disciplinato dall’articolo 1467 del Codice Civile.
L’eccessiva onerosità sopravvenuta è una circostanza non rientrante nella normale alea del contratto che deriva da un fatto che – a differenza della forza maggiore – non rende impossibile l’esecuzione di una prestazione contrattuale, rendendola invece più gravosa (“onerosa”, appunto) rispetto a quanto previsto dalla parte obbligata prima del verificarsi dell’evento.
Se la prestazione di una delle parti è diventata eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve effettuare la prestazione può domandare la risoluzione del contratto, ma l’altra parte può proporre di mantenere in vita il contratto modificandone le condizioni in modo da “riequilibrare” le prestazioni.
Per configurare l’eccessiva onerosità sopravvenuta, dunque, è necessario che gli avvenimenti straordinari ed imprevedibili lamentati determinino un aggravio patrimoniale che alteri, sostanzialmente, l’originario rapporto di equilibrio del negozio, incidendo sul rapporto di valore di una prestazione rispetto all’altra, ovvero facendo diminuire o cessare l’utilità della controprestazione.
A tale proposito la giurisprudenza(3) ritiene che la eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione deve essere corredata dalla “rigorosa prova” del fatto la cui sopravvenienza abbia “determinato una sostanziale alterazione delle condizioni del negozio originariamente convenuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a circostanze assolutamente imprevedibili”.
L’eccessiva onerosità si distingue dall’impossibilità sopravvenuta poiché l’evento forza maggiore determina un aggravio della prestazione.
In questo senso sia il Covid-19 che i provvedimenti dell’autorità sono astrattamente idonee a consentire l’applicazione dell’istituto in questione, ma, contestualmente, è necessario l’accertamento del sostanziale aggravamento dell’onere della prestazione.
L’impossibilità sopravvenuta della prestazione e l’eccessiva onerosità hanno in comune, dunque, l’evento che le determina, ovvero un fatto imprevedibile e non imputabile alla parte obbligata, mentre nella loro fattispecie costitutiva si distinguono nettamente per gli effetti di tale evento che sono rispettivamente di impossibilità e di aggravio della prestazione.
La risoluzione o la rinegoziazione del contratto per eccessiva onerosità della prestazione/hardship, dunque, sono dei rimedi astrattamente azionabili in tutti quei casi in cui il Covid-19 o le misure adottate non rendono impossibile la prestazione, bensì è sufficiente che ne aggravino eccessivamente l’onere. È una previsione basata su un ragionamento quantitativo (prestazione più meno onerosa) ed ispirata da un criterio di equità nel rapporto commerciale volta a prevenire l’alterazione del nesso di corrispettività e dell’originario equilibrio sinallagmatico delle prestazioni.
L’eccessiva onerosità consente alla parte obbligata di chiedere la risoluzione del contratto. Tale richiesta può essere opposta dal creditore se questo offre di modificare equamente le condizioni del contratto
Tale disposizione, dunque, potrebbe avere un ampio perimetro di diffusione nel caso di Covid-19 nel quale si assiste alla difficoltà di alcuni operatori di sostenere costi all’interno della filiera commerciale a causa dell’intervenuta eccessiva onerosità di una serie di prestazione a monte o a valle delle filiera produttiva (si pensi all’aumento dei costi nell’approvvigionamento di determinati prodotti dalla Cina per il rerouting o per la sostituzione dei produttori di beni intermedi o di componenti o all’impossibilità per alcuni operatori di svolgere la propria attività a seguito delle limitazioni adottate).
La potenziale ampiezza applicativa della norma è in parte ridotta dalla necessità che l’onerosità sopravvenuta sia eccessiva e che, quindi, imponga all’obbligato un sacrificio economico che eccede la normale alea del contratto. Tale valutazione deve essere compiuta caso per caso.
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Alla luce del complesso quadro qui rappresentato, non è semplice stabilire se il Covid-19 – o le misure adottate dalle autorità – possano costituire valida causa (a) di impossibilità piuttosto che (b) di sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali assunte dalle imprese. Gli effetti giuridici del Covid-19 sui negozi stipulati dalle imprese nazionali, in sintesi, dovranno essere scrupolosamente valutati ed esaminati caso per caso, tenendo conto di una pluralità di aspetti quali, a titolo meramente esemplificativo, (i) l’applicabilità della legge italiana alla fattispecie contrattuale, (ii) i fatti portati a sostegno del ritardo e/o dell’inadempimento contrattuale, (iii) l’incidenza specifica degli stessi sulla prestazione e (iv) l’assenza di soluzioni alternative per l’adempimento.